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Santuario della Madonna Delle Grazie

di Luigi Chicone

Ringraziamo la famiglia che ci ha permesso di utilizzare il lavoro del prof.Chicone e sottolineiamo che l'utilizzo di questo materiale, in altri siti o altre situazioni, anche cartacee, non è mai stato autorizzato, per cui se doveste vederlo sappiate che è stato acquisito in modo  scorretto.


 Foto 2005   /  Foto Antiche

Durante le ricerche fatte nell'Archivio Vescovile di Lacedonia[1],  non ho trovato   alcun documento per  poter datare, almeno approssimativamente, l'inizio della venerazione della Madonna delle Grazie, che,  secondo la tradizione, risale a diversi secoli fa.   Plurisecolare, quindi, è anche il Santuario, che trovasi, splendente di luce mistica a pie' di una collina, ad oltre 4 miglia da Lacedonia, verso Oriente.  Le origini di questo Santuario, come ogni altro dedicato alla  Madonna,[2] hanno inizio da una leggenda,

ancora oggi costante e nobile tradizione del popolo  lacedoniese. La tradizione popolare, infatti, vuole che alcuni vaccari di Montella, pascolando le loro mandrie in contrada Forna[3], abbiano trovato, in un cespuglio, la statua della Madonna e l'abbiano portata nel loro paese. Un bel giorno, però, quei vaccari montellesi non riuscirono a trovare la statua, che, invece, fu ritrovata da alcuni contadini lacedoniesi sopra un olmo, poco distante dal punto in cui sorge il Santuario.

Il Palmese, storico lacedoniese, è, invece, del parere che la statua della Vergine, quella di S. Donato, un Crocifisso ed una piccola immagine della Madonna dell'olmo, fossero state fatte "da taluni vaccari di Montella in tempi remotissimi"[4]. Questa affermazione è priva di fondamento storico, e, quindi, accettabile come la prima; essa, però, è più attendibile per il fatto che i vaccari montellesi (ancora oggi abili intagliatori) abbiano, durante le soste con le loro mandrie in contrada Forna, potuto donare, alla spoglia Cappella, le statue che essi avevano intagliato con mano abile. La presenza dei vaccari montellesi in contrada Forna costituisce un fondamento storico accertato, perché i più anziani ricordano che, nel periodo della transumanza, tal luogo offriva ottimi pascoli e acque limpide e fresche del vicino torrente Osento[5]. Nel 1850 il Sacerdote D. Raffaele De Mauro fece rico­struire la volta; forse per l'eccessivo peso, appena ultimati i lavori, crollò tutto il fabbricato irreparabilmente. Il popolo Lacedoniese, sempre sollecito in queste occasioni, grazie alla sua profonda fede, cominciò la raccolta di ducati, che, insieme ai 100 offerti dal Re Ferdinando II, di passaggio per Lacedonia, in occasione della visita alla città di Melfi distrutta da un terribile terremoto[6], servirono a rifare, poco distante dalla precedente, la nuova Cappella. Nel 1857 il Cappellano Giuseppe Lavacca fece restaurare l'immagine della Madonna. Ancora oggi non è spenta nei Lacedoniesi la grande fede e devozione verso la Beata Vergine; nei nostri cuori, infatti, arde lo stesso amore, che un tempo infiammò gli animi dei nostri Padri. Ogni anno, in aprile, e precisamente il lunedì in Albis, la statua viene portata in processione al paese ed esposta, per circa un mese, nella Cattedrale.

La prima domenica di maggio la Madonna delle Grazie viene riportata nella sua chiesetta di campagna; i festeggiamenti durano l'intera giornata "in una magnifica cornice di verde, tra gli effluvi della primavera in fiore, unitamente all' azzurro immacolato del cielo, in una commovente sagra di popolo che riecheggia nel rito sincero il palpito della sua ardente devozione"[7]. La processione, muovendo dalla Cattedrale verso le sette del mattino, giunge al Santuario verso le 10. Spesso si nota che alcuni devoti alla Madonna seguono scalzi la processione per tutto il percorso. Lo spiazzale antistante la chiesetta si gremisce di pellegrini dei paesi viciniori (Monteverde, Aquilonia, Rocchetta S.Antonio) giunti a piedi o con asini o con automobili; altri hanno già preso posto all'interno della Cappella per assistere alla S. Messa solenne.

Prima che la statua sia portata in chiesa vengono sparati i tradizionali fuochi artificiali. Non mancano i venditori di noccioline, torroni, bibite fresche, gelati e perfino di frutta. Al termine delle cerimonie religiose le comitive siedono all'ombra degli alberi del vicino bosco e consumano il pranzo portato da casa o preparato sul posto. Il luogo dove sorge il Santuario della Madonna delle Grazie è veramente incantevole; vi si arriva percorrendo una strada interpoderale che ha inizio nei pressi del Cimitero, corre agevolmente lungo la sponda sinistra del fiume Osento dalle fresche e limpide acque fino alla Cappella e prosegue per Aquilonia, dopo essere passata sul muro di sbarramento della diga[8], in agro di Monteverde, da poco costruita. Nei pressi del Santuario si è formato un bel laghetto, dove gli appassionati di pesca possono soddisfare il loro hobby. Tra gli alberi del vicino bosco i pellegrini Possono tranquillamente consumare la colazione; il sottobosco, poi, è ricco di asparagi molto saporiti. Appuntamento, quindi, ogni prima domenica di maggio di ogni anno, alla Forna, dove, in occasione dei solenni festeggiamenti in onore della Madonna delle Grazie, si può trascorrere una giornata a diretto contatto con la natura, in luoghi non ancora contaminati dalla civiltà industriale.


Note

[1] Il lavoro del prof. Luigi Chicone risale al 1975 ed è qui riportato integralmente grazie al  cortese  consenso della famiglia. Solo questa nota non appartiene all'opuscolo.

[2] Vedi a tale proposito, P.Rizzo,Il Santuario della Stella mattutina e la sua storia, in Voci da Mattinella, giornalino delle Scuole Elementari di Mattinella (Andretta) anno sc. 1972-73, n°2, pag.1.

[3] In agro di Lacedonia, distante circa 7Km. dall’abitato

[4] Can. P.Palmese, Notizie storiche di Lacedonia, Tip.R.Prete, Napoli 1876.

[5] L'Osento nasce dal Monte Origlio, attraversa la contrada Pastena e il bosco di Origlio, si insinua tra il Monte Pauroso e quello della Fratta, bagna le contrade S. Ciso, la costa dei Disperati, il Roveto, il Petrizzo, la Forna; e, dopo aver alimentato un lago artificiale, tra le alture di Monteverde e quelle di Aquilonia  versa le sue acque nel fiume Ofanto.

[6] La grande scossa avvenne il 14 agosto del 1851 alle ore 2,22. Della provincia di Avellino subirono danni gravi Monteverde e Aquilonia mentre minori ne subirono Accadia, Bisaccia, Lacedonia e Anzano. Il Re Ferdinando II si fermò a Lacedonia; ed ecco cosa scrisse il Palmese: "Al primo ingresso in Lacedonia suonarsi le campane a festa per la prossima venuta dell'adorabile Monarca. L'entusiasmo è generale ed in breve spazio di tempo cambiò di aspetto l'intera città. Ognuno con l'olivo in mano si vede tripudiare e già si avviano due drappelli di giovanetti l'uno, e di donzelle l'altro, guidati da particolari bandiere ed in bell'ordinate file, giungono alla punta delle Serre. Sorgeva in quel mattino il sole più ridente dell'usato, ed in quel punto cominciarono ad apparire il luccimanti (sic) delle armi per le truppe avanzate. Intanto la Cattedrale viene abbigliata delle stoffe servite prima nella festa del dì 8 settembre. Il portone dell'Episcopio, la porta Messere, e così tutte le case private. Dinanzi alla Cappella S. Rocco si fissa altra cappelluccia con molti ceri e torchi (sic) aventi le statue della Maestà Sua e della Regina. Esce il Capitolo col Vescovo e clero, ed in questo spiazzo si ferma per attendere l'arrivo del sospirato Monarca. Il tracciolino della nuova consolare in alcuni punti era pericoloso per la carrozza, per cui molti bracciali con le marre accomodarono alla meglio. A quando si udivano colpi di salve che echeggiando nella vallee (sic) rallegravano le adunate genti. L'Intendente di Avellino galoppan­do su brioso destriero precede, e proibisce lo sparo preparato in Città, onde non spaventare i cavalli della carrozza del Re, e dimanda ove la Maestà sua sarebbe alloggiata. Monsignore ripiglia: "Potrà la Maestà Sua degnarsi allocare l'Episcopio che è casa di Lui". Arrivato il Re al largo S. Rocco: 'Eccoci - dice Monsignore - con la carrozza in Lacedonia"; e questi a Lui: "Soltanto alla Maestà Sua potea recare ciò ad effetto, ma il sentimento mio era in contrario". Intonato il Benedictus, difila il Clero, e si innalzano vari globi aerostatici: ; gli sporti, i davanzali, i veroni, così dei palagi, che degli abituri eran pavesati di razzi e di quanti adornamenti simili ciascuna famiglia possedea. A largo del Castello fu visto apparire in aria un altro globo aero­statico di maggior grandezza ed in cui leggevasi il saluto dell'Evviva il Re da mille labbra ripetuto. Si proibisce l'ingresso alla folla presso il Vescovado, ove prende posto la piana (si.c) maggiore. Sopra tre genuflessori già preparati nel Presibetero si ginocebiano il Re, il Principe ereditario (Francesco) e il germano del Re (Francesco Paolo); ed in prima si accolgono la bene­(1izione del S.S.mo e poi coi libri divoti in mano ascoltano la messa piana dal medesimo Vescovo celebrata (Mons. Luigi Napolitano); indi per lo passetto si va all'Episcopio, e il Re dice 'camminando: 'Buona popolazione ed ottimo pastore'. Entrando Sua Maestà nella stanza di ricevimento, vede l'immagine di Maria SS.ma della Pace, cbe da Lui medesimo era stata pria regalata a tutti i Vescovi, si toglie il bonè e con profondo inchino adora la Gran Madre di Dio, gusta poi un sorso di caffè e lasciato il bqnè sul travertino della finestra se ne passa all' ultima stanza del Segretario ed in piedi, col capo scoverto vi si trat­tiene due ore piene. Tutto l'Episcopio è già occupato e due canonici già dispensano dolci e cremato in abbondanza tanto cbe quei signori se ne provvidero anche pel viaggio. Il pranzo era preparato, ma Sua Maestà si ricusò avendo in mira trovarsi a Melfi la sera. In questo rincontro l'accolito D. Pasquale De Vincentiis ottiene un beneficio a titolo di Sacro Patrimonio: il Canonico D. Giuseppe La Vacca ducati 100 per la fabbrica della nuova Cap­pella di S. Maria delle Grazie; e il popolo ducati 120 di limosine. Accoltosi molto pane dall'Intendente per portarlo nella desolata Melfi, già si prosegue la marcia, rimanendo la carrozza a Lacedonia ... Di poi nel dì 22 la ripetuta Maestà Sua ritorna in Lacedonia e vi si fece trovare l'antica Cattedrale addobbata; ma quegli smontato da cavallo e ricevuto da 2 Vescovi, cioè Napolitano e da Gregorio (trovandosi pure qui Mons. Bottazzi da podagra impedito). dopo pocbe parole, di bel nuovo cavalcò tra arcbi trionfali, voci di acclamazioni e nella sera del 22 felicemente arrivò in Montemarano", (Cfr. P. PALMESE, Notizie storiche di Lacedonia (manoscritto), pagg. 154-153).

[7] P. RIZZO, op. cit

[8] La diga è stata costruita nella località San Pietro e viene indicata col nome Aquila Verde; essa è stata realizzata per l'irrigazione del territorio delle Puglie.

 

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Ultimo aggiornamento: 13-12-06